GENERAZIONE ERASMUS

GENERAZIONE ERASMUS
Il sistema europeo di mobilità degli studenti universitari, meglio noto come Erasmus, vede la luce alla fine dei “meravigliosi” anni ’80. Erano gli anni in cui la generazione nata all’inizio degli anni ’70 rappresentava la speranza per un “mondo migliore”. A dire il vero una speranza già del tutto tramontata. Le aspettative per i “seventies” cresciuti un po’ nel mito del ’68 prima e del rampantismo “reaganiano” poi, hanno minato le basi culturali di una potenziale “futura classe dirigente”. Tant’è che alla prova dei fatti si è dimostrata fragile e inconcludente come le precedenti e quasi sempre bypassata, sui ponti di comando dalle classi successive. In un contesto sociale che fa sempre fatica a dare il giusto spazio ai più giovani, si inserisce la generazione Erasmus. Sono giovani che, grazie a programmi di cooperazione dell’Unione Europea, hanno l’occasione di vivere esperienze di studio nei vari paesi aderenti. Ragazzi che per la prima volta hanno l’opportunità di abbracciare culture diverse, fino a condividerle nel quotidiano. Per mesi, anni. Tutto ciò genera un’apertura mentale, un livello di conoscenze non più elitario e riservato a pochi benestanti ma accessibile a tutti, a tanti. I pionieri di quell’esperienza, peraltro nel tempo estesa non solo allo studio ma anche al lavoro, ce li ritroviamo oggi più o meno trentenni. Giovani uomini con un bagaglio socio culturale di rilievo, mai raggiunto nel passato, capaci più di altri di saper interpretare le istanze di un mondo sempre più difficile da vivere. La generazione Erasmus la ritroviamo sempre più spesso dietro alle start up più innovative, quelle capaci di dare soluzioni ai problemi di una “modernità liquida” come la definisce Bauman. Una generazione quasi apolide, capace di radicarsi “non solo” in virtù del luogo di nascita ma quasi esclusivamente per inseguire i propri obiettivi e le proprie passioni. A Berlino come a Londra o magari in Tanzania, o in giro per il mondo come il nostro Lorenzo Baccifava. A mio avviso rappresentano un patrimonio, soprattutto nella prospettiva di un futuro anche abbastanza prossimo. La fortuna sarà il loro bagaglio culturale, il loro vissuto di esperienze. La speranza è che prima o poi torneranno indietro, ascoltando l’immancabile richiamo della terra natia. Affidarsi alla preparazione ed alle esperienze vissute della generazione Erasmus sarà un aiuto fondamentale per uscire da questi tempi a dir poco grigi. Bentrovato Lorenzo !